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Un po’ di cose da fare – 25/31 marzo

Continuiamo la nostra rassegna/eventi settimanali, su cui postiamo gli eventi a cui parteciperemo o che troviamo particolarmente affini!

In progress, quindi lasciateci pure commenti e suggerimenti!

TARANTO FA L’AMORE A SENSO UNICO

Scrittori di Puglia: Incontro con l’Autore Gianluca Marinelli, mercoledì 27 marzo ore 18 presso la Biblioteca Civica di Statte.  Gianluca Marinelli discuterà con Angelo Cannata, presidente dell’Associazione “CSDR Le SCIAJE” il suo saggio “Taranto fa l’amore a senso unico”, che descrive la politica culturale dell’Italsider negli anni che vanno dall’insediamento all’avvio del raddoppio in quella straordinaria operazione che Raffaele Carrieri definì in un suo articolo “l’acciaio tra gli ulivi”, divenuto poi lo slogan, il tratto unificante di tutta quella fase.

MEDUSA, mercatino dell’arte artigiana

 

Piazza Duomo, Città Vecchia di Taranto, Sabato 30 marzo dalle 16 alle 20.

“TRA INQUINAMENTO E SVENDITA DEL PATRIMONIO”: dibattito sul Centro Storico e Mar Piccolo con il Centro Studi Documentazione e Ricerca LE SCIAJE ai 4 GIORNI DELLA MADONNA

Comitato di Quartiere CITTA’ VECCHIA, Arco Paisiello g18, Città Vecchia di TARANTO. Sabato 30 marzo ore 19. A seguire cena sociale e Dj-Set

 

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Un po’ di cose da fare

Segnaliamo diversi appuntamenti di questa settimana a Taranto e in Puglia che noi seguiremo con grande interesse.

Tanti eventi che rappresentano un occasione di arricchimento collettivo, per una rinnovata vita di comunità a Taranto!

Salone della Creatività

Mercoledì 20 Marzo 2013 e Giovedì 21 Marzo dalle 10.
Presso la Facoltà di Giurisprudenza a Taranto, ex Convento San Francesco, Via Duomo, Città Vecchia di Taranto. L’evento costituisce un momento di comunicazione, promozione e condivisione delle idee d’impresa innovative selezionate dal Progetto CREA in Terra Ionica (Provincia di Taranto – assessorato politiche giovanili ) ed un’occasione di confronto su innovazione, fondi per le start up ed esperienze di successo.

’U TATA, pinzece tu!

Mercoledì 20 Marzo 2013 , ore 18.
Via Macchiavelli – quartiere Tamburi, Taranto. Il quartiere Tamburi si racconta. Nell’ambito del Programma Regionale per le politiche giovanili “Bollenti Spiriti”, il progetto integrato per la creatività giovanile “TatàPiù” del Crest conclude, mercoledì 20 marzo 2013, con un evento finale itinerante il laboratorio di animazione territoriale “’U tata, pinzece tu!” condotto da Giovanni Guarino in collaborazione con Delia De Marco.

Mostra convegno sulla Rigenerazione Urbana

Giovedì 21 Marzo 2013, ore 9.30. Bari.

Convegno su Dismissione e Riuso in Puglia, Organizzato dall’Assessorato alla qualità della vita e del Territorio della Regione Puglia in collaborazione con WWF Puglia.

Giornate del FAI di Primavera

Sabato 23 e domenica 24 Marzo 2013.
A Taranto sarà visitabile il Palazzo delli Ponti e il suo ipogeo, in Città Vecchia.

SAVE THE BEAUTY |

21 – 22 – 23 Marzo 2013. E’ un Progetto artistico ideato e strutturato da ROSSOCONTEMPORANEO, per la sperimentazione di un “laboratorio delle idee”, artistico-culturale, per Taranto, ma contemporaneamente “tavolo alchemico della bellezza”, attraverso il quale coinvolgere il mondo dell’arte contemporanea italiana, in una ipotesi di “sistema sinergico” di collaborazioni, in risposta al rischio di avvilimento socio-culturale.
Noi Sciaje risponderemo alla chiamata nella mattina di sabato 23 marzo con una visita guidata alla Torre delll’Orologio, per riscoprire le bellezze della Taranto marinara!

 

MEDUSA, mercato dell’artigianato

Sabato 23 marzo dalle 16 alle 20.
Piazza del Duomo a Taranto Vecchia, mercatino artigianale autoorganizzato!

FUCARAZZA festa di Primavera a Carosino

Sabato 23 Marzo 2013. Carosino.

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SAVE THE BEAUTY – Le SCIAJE rispondono!

Sabato 23 marzo saremo coinvolti nel Progetto Progetto SAVE THE BEAUTY | TARANTO CHIAMA ITALIA > ITALIA RISPONDEpromosso da ROSSOCONTEMPORANEO. Un progetto nato per contribuire al rilancio di Taranto puntando su arte, cultura e bellezza. Quella bellezza che continua a vivere nonostante la patina di polvere e minerale che impedisce a occhi disattenti di coglierla.

Appuntamento a Sabato 23 marzo!

Ore 9:00 | Visita guidata: Castello Aragonese, marina piccola dell’isola, i vicoli ed il quartiere dei pescatori, il porto dei pescherecci, Piazza Fontana e la Torre dell’Orologio;

Ore 12:00 | Torre dell’Orologio. Visita Esposizione permanente sulla Mitilicoltura Tarantina “Il Tempo del Mare”, Torre dell’Orologio, Piazza Fontana | Aperitivo.

 

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Comunicato Stampa – Solidarietà ai Mitilicoltori Tarantini

COMUNICATO STAMPA 

“Ci avete rotto le cozze”

Il 12 marzo scorso i mitilicoltori tarantini, stanchi di attendere invano risposte e soluzioni al grave problema della contaminazione da PCB dei mitili nel I seno del Mar Piccolo, hanno interrotto il Consiglio Comunale esigendo chiarimenti sullo spostamento della produzione in Mar Grande e sulla sorte della mitilicoltura stessa.

Da ormai due anni la categoria sta vivendo una vera e propria tragedia, dovuta alla perdita di circa 8.500.000 euro per mancata vendita del prodotto e per la scarsa attenzione degli organi coinvolti nella risoluzione del problema.

Lo scorso 28 Febbraio 2013 è scaduto il termine entro il quale effettuare il trasferimento degli impianti dei mitilicoltori nella rada di Mar Grande, in una zona individuata già nel Gennaio 2012. Ancora una volta la scadenza è tornata, puntuale, ma le istituzioni non sono state capaci di rispettarla, nonostante il forte rischio di far saltare anche il terzo anno di produzione. Nello stesso giorno, presso il Centro Ittico Tarantino, è stato presentato “Delfis”, il Tavolo di coordinamento delle Associazioni della filiera della Pesca e della Mitilicoltura, al quale aderiscono C.L.A.A.I. Puglia e Basilicata delegazione di Taranto, Unci Pesca, Agci Agrital Pesca, Lega Pesca e Confcommercio Taranto. Tavolo di coordinamento nato con l’intento di migliorare e tutelare la filiera del mare, identificare risorse ed opportunità, stimolare e sollecitare le Istituzioni, parti sociali ed economiche, per promuovere il dibattito sulle aree marine, il turismo, la nautica, la biodiversità e la pesca sostenibile, come concreto contributo per una nuova visione di riprogrammazione e di governance condivisa del territorio. Nel frattempo, però, i mitilicoltori esasperati dai troppi ritardi, con l’irruzione nel Consiglio sono riusciti ad ottenere un tavolo tecnico con Governo, Regione, Asl ed enti preposti al controllo.

Avendo come obiettivo principale la rivalutazione della risorsa-mare e delle attività piscatorie tarantine, l’Associazione Le Sciaje non può che esprimere vicinanza, solidarietà e sostegno ai mitilicoltori. Non è ammissibile che a distanza di due anni dalla disposizione di blocco con decorrenza immediata del prelievo e della movimentazione dei mitili presenti nel I seno del Mar Piccolo non si sia fatto nulla di concreto per tutelare la mitilicoltura e appoggiare i mitilicoltori che da secoli, con passione e fatica, portano avanti un pezzo della storia tarantina. La molluschicoltura tarantina è infatti una delle componenti più radicate nell’economia ionica, oggi pesantemente colpita dalle conseguenze dell’inquinamento del Mar Piccolo, della malagestione e della scarsità di investimenti in ricerca e sviluppo.

Risulta evidente, quindi, la necessità di una strategia di crescita che tenga conto delle tipicità locali, valorizzandole e integrandole con altri settori economici come il turismo e il terziario, delle esigenze di bonifica del Mar Piccolo e delle potenzialità della mitilicoltura alla luce di consolidate e innovative tecniche mitilicole già in uso presso altre marinerie. Inoltre, una nuova valorizzazione socio-culturale del settore potrebbe portare alla realizzazione strutture eco-compatibili in grado di conciliare tradizione, paesaggio ed esigenze produttive ma anche ad aggregare il sistema produttivo in una rete territoriale, integrando le potenzialità della maricoltura nei piani turistici.

In un momento come questo, di grave crisi occupazionale e ambientale, le maggiori forze dovrebbero essere concentrate nella risoluzione del problema “mitili e Mar Piccolo”, perché tasselli indispensabili per la rinascita e il futuro della nostra città.

 

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“Ci avete rotto le cozze!”

Non possiamo che esprimere vicinanza, solidarietà e sostegno ai mitilicoltori che ieri, 12 marzo 2013, hanno interrotto il consiglio comunale per rivendicare il diritto alla sopravvivenza di un’attività produttiva storica e fondamentale per la città di Taranto.

Continueremo ad aggiornare su questo sito e sulla nostra pagina Facebook sull’andamento della questione, nell’ambito della nostra campagna di informazione SAVE MAR PICCOLO.

“Ci avete rotto le cozze…” – Interrotto il Consiglio Comunale di Taranto

12 MARZO 2013 11:30

TARANTO – A Palazzo di Città la protesta dei  mitilicoltori del primo seno di mar Piccolo (contaminato da diossine e pcb). Stamattina un gruppo di circa trenta operatori ha interrotto per qualche minuto il Consiglio Comunale per chiedere chiarezza sullo spostamento delle coltivazioni in Mar Grande, sugli indennizzi e sulle bonifiche di Mar Piccolo. Come si ricorderà, finora ha potuto avviare il trasferimento nelle nuove aree di mar Grande solo Luciano Carriero, presidente della cooperativa Cielo Azzurro. Ancora stagnante, invece, la situazione per tutti gli altri mitilicoltori coinvolti nell’emergenza e comprensibilmente esasperati dopo aver visto, per due anni consecutivi, il loro lavoro vanificato e le cozze distrutte.

Alessandra Congedo per INCHIOSTRO VERDE

 

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Risanamento della Città Vecchia: il valore della cittadinanza attiva

Foto Arturo Presta

LETTERA APERTA

Nonostante il susseguirsi degli avvenimenti che raccontano l’inconfutabile degrado politico, economico, ambientale e sociale in cui versa Taranto a causa di un’idea sbagliata di sviluppo, con rilevanza mediatica anche oltre i confini nazionali, sempre più cittadini non vogliono arrendersi a questo stato di cose. Se è vero che dalla crisi può emergere il meglio di una popolazione, il sentimento di appartenenza e attaccamento dei Tarantini non può limitarsi alla sfera individuale ma deve necessariamente svilupparsi attraverso iniziative che producano partecipazione e aggregazione, cittadinanza attiva e elevazione culturale, opportunità lavorative e di integrazione sociale. Iniziative finalizzate a obiettivi sempre più complessi ed al contempo condivisibili da tutti gli attori sociali, siano essi pubblici o privati, che abbiano ben chiara oggi la stringente necessità di un’idea di città diversa e migliore.

E’ da qualche tempo, in particolare, che la voglia di riconquistare gli spazi per troppo tempo preclusi della Città Vecchia e riscoprire la Storia, antica e recente, di Taranto fanno da corollario alla volenterosa ed energica serie di iniziative orientate a produrre nel concreto soluzioni alternative e rigeneratrici di ricchezza sociale in vari campi di interesse: dall’ambiente alla cultura, dal turismo all’arte, dalla storia all’enogastronomia.

Dalla nostra posizione privilegiata sul quartiere, la Torre dell’Orologio, nella quale siamo onorati di curare da più di due anni visite guidate all’Esposizione “Il Tempo del Mare” e programmazione culturale, abbiamo potuto constatare l’aumento progressivo della frequentazione agli eventi socio-culturali sull’Isola – che oggi ospita al suo interno due nuovi locali con una forte base culturale e un’Art Gallery – spesso svolti in spazi bellissimi ma non adatti per dimensioni o strutture. Ad esempio proprio nella Torre lo scorso 23 febbraio, in occasione della presentazione del saggio di Gianluca Marinelli “Taranto fa l’amore a senso unico”, un prezioso lavoro di ricerca sui movimenti artistici sviluppati nei primi anni dell’Italsider a Taranto, l’affluenza è stata talmente alta da costringere molti ospiti a rimanere sulla porta.

Questo rinvigorito attivismo sembra però non essere minimamente percepito dall’amministrazione comunale che, invece, potrebbe contribuire fattivamente e a costi ridottissimi: basterebbe garantire al mondo associativo gli adeguati spazi. Basti pensare che oltre il sessanta percento della Città Vecchia è di proprietà comunale e che, sebbene una parte sia in tragiche condizioni di abbandono o sia stata oggetto di occupazioni a scopo abitativo, sono tanti i palazzi di proprietà pubblica ancora vuoti. Palazzo Delli Ponti, ad esempio, tra via Duomo e la Marina, ripristinato anni fa per scopi universitari ed espositivi e tuttora vuoto. Oppure Cantiere Maggese in Largo San Gaetano, che rappresenta un caso ancor più eclatante. Nato grazie ai fondi regionali per i Laboratori Urbani ma chiuso dopo una poco oculata gestione che mai, se non nei primissimi mesi, ha permesso a quegli spazi di svolgere la funzione per cui è stato creato: un luogo per le associazioni, in cui sviluppare con la popolazione locale progetti mirati a superare il momento di grave degrado in cui, a causa delle politiche ghettizzanti degli ultimi quarant’anni, versa la Città Vecchia.

E’ proprio questo il nodo centrale: è possibile pensare ancora che i problemi dell’Isola si risolvano solo pianificando opere di restauro edilizio, pur necessarie, ma con gli aspetti sociali demandati esclusivamente ai gestori dell’ordine pubblico? Forse è invece il caso di valutare meglio le conseguenze di un capillare lavoro di contaminazione culturale nei vicoli e nelle piazzette del quartiere, che un’Amministrazione oculata e con una visione di lungo periodo potrebbe aiutare garantendo i necessari spazi e servizi. Continuare a lasciare la programmazione del risanamento esclusivamente nell’ambito chiuso degli uffici tecnici e delle stanze degli Ordini, invece, com’è stato fatto negli ultimi quarant’anni, non farà che protrarre la politica dei piani sulla carta, del “cambiare tutto senza che nulla cambi”, e continuerà a favorire le lobby del cemento e i palazzinari.

Prendersi cura dei tanti problemi che insistono sulla nostra città non è certamente cosa facile, soprattutto con divisioni e frammentazioni, spesso alimentate da relazioni sociali mirate al mantenimento di privilegi acquisiti, che conducono solo a vicoli ciechi. Ricostruire il tessuto sociale frammentato è impellente necessità e sicura opportunità, con l’obiettivo di rendere tutti i cittadini coscienti di un potenziale cambiamento e di riscoprirsi comunità responsabile del proprio “habitat”, ricco di beni ambientali e culturali decisamente sottovalutati e sottoutilizzati.

Parlando di difesa dei beni comuni, come il Centro Storico e il Mar Piccolo, entrambi da valorizzare, rigenerare e bonificare dai danni provocati da decenni di abbandono, occorre adoperarsi concretamente con un fare collettivo rispettoso delle esigenze di aree che rappresentano l’anima più genuina della nostra città, puntando su innovazione e conservazione. Taranto potrà riprendersi da questa crisi solo maturando un’idea di città ideale per le presenti e le future generazioni e traendo adeguati insegnamenti dagli errori del passato, per superare quanto di negativo ha prodotto lo sviluppo calato dall’alto, latore di un temporaneo e illusorio benessere ma tanto distante dalle storiche vocazioni locali.

 

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SAVE MAR PICCOLO: inquinamento, la Marina Militare tace

Ripubblichiamo questo nuovo approfondimento di Gianmario Leone (si consiglia la lettura di questi precedenti), ringraziandolo sentitamente per averci citato:

Inquinamento mar Piccolo, la Marina Militare tace

TARANTO – Lo scorso 25 gennaio, nella Rada di Mar Grande a bordo della portaerei Cavour, è avvenuto il passaggio di consegne del Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare fra gli Ammiragli di Squadra Giuseppe De Giorgi (cedente) e Filippo Maria Foffi. La cerimonia è stata presieduta dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Ammiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli. Il quale sostenne che la Marina Militare, in oltre 100 anni di storia, non avrebbe inquinato il mare di Taranto, anzi: se c’è una verità è quella rappresentata dalla crescita della nostra città sotto tantissimi profili, proprio grazie alla presenza ed all’azione dell’Arsenale e della Marina Militare. Una tesi del tutto personale quella del Binelli Mantelli, che non trova alcun riscontro nella realtà dei fatti, come abbiamo dimostrato già ieri pubblicando ancora una volta su queste colonne dati inoppugnabili sul ruolo svolto dalla Marina nell’inquinare il nostro mare.

Del resto, se fosse vera la teoria del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, non si spiegherebbe il perché il Genio Militare abbia presentato lo scorso anno alla Regione Puglia un progetto preliminare “per la messa in sicurezza di emergenza dell’area ex IP” presso la Marinansen, denominato “Progetto preliminare di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda”. L’intervento prevedeva “una completa cinturazione dell’area con barriera fisica permeabile reattiva (PRB) usando ferro zero-valente, con jet-grouting di diametro 500mm, ed emungimento, tramite pozzi attrezzati con pompe idrauliche, di acque di falda da trattare con carboni attivi e poi smaltire”.

Progetto che ricalcava la richiesta formulata dalla Conferenza dei Servizi del 14/10/2010 nella quale si chiedeva di “effettuare un accoppiamento tra barriera fisica e idraulica e di effettuare in questa ipotesi una stima delle portate da emungere”. Obiettivo quello di “impedire la diffusione della contaminazione e l’abbattimento, con il processo di dealogenazione riduttiva abiotica(ZVI), delle concentrazioni degli inquinanti presenti nelle acque di falda: sostanze inorganiche, composti alifatici clorurati cancerogeni, PCB, e metalli pesanti”. L’area situata nel I seno di mar Piccolo, dove sorgeva il sito “Ex area Ip” dell’Arsenale Militare, è infatti interessata da una pesante contaminazione (metalli, PCB, inquinanti inorganici) dovuta proprio alle attività passate della Marina.

Il 30 marzo del 2012 l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro annunciò ai quattro venti che il progetto di Marigenimil aveva ricevuto l’ok dei tecnici regionali e che l’iniziativa del Genio Militare “consentirà di contenere definitivamente la contaminazione accertata nella falda acquifera”. Poco meno di un anno dopo, lo scorso 8 febbraio, il capitano di vascello Fabrizio Gaeta, direttore del Genio Militare della Marina di Taranto, affermò su un noto quotidiano locale che “ciò che abbiamo garantito in conferenza di servizi procede a passo spedito. E non potrebbe essere diversamente”. Marigenimil infatti, lo scorso marzo assicurò anche una programmazione finanziaria che avrebbe garantito l’avvio delle procedure per l’esecuzione delle opere della messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda entro il 2012. La consegna del progetto definitivo era stata assicurata entro luglio 2012.

Ma le cose, stando a quanto affermano dalla Regione, non starebbero affatto così. Già nel luglio scorso infatti (termine entro il quale avrebbero dovuto presentare il progetto definitivo per la messa in sicurezza delle acque di falda) l’ente regionale aveva chiesto informazioni alla Marina Militare sul complesso delle attività in corso. La risposta fu un semplice “attività in corso”. A metà del mese di gennaio di quest’anno, la Regione ha proceduto con una nuova sollecitazione per la trasmissione di informazioni sullo stato di avanzamento delle tre principali attività in corso: anche in quel caso non è arrivato alcun riscontro. La prima delle tre attività in corso sull’area “ex IP” è il “Piano di integrazione alla caratterizzazione ambientale”.

Durante il tavolo tecnico del 4 ottobre 2011, Marigenimil affermò che “si prevede di trasmettere i risultati della caratterizzazione integrativa entro maggio 2012”. Siamo a febbraio 2013 ed al momento non risulta pervenuta nessuna notizia circa il completamento della caratterizzazione integrativa. La seconda attività prevista è la “messa in sicurezza di emergenza delle aree con presenza di rifiuti”. Sempre durante il tavolo tecnico del 4 ottobre 2011, Marigenimil sostenne che l’avvio della rimozione dei rifiuti sarebbe partito entro 60 giorni dalla data della riunione. La rimozione risultava parziale a settembre 2012: a tutt’oggi non risulta pervenuta nessuna notizia circa il completamento della rimozione dei rifiuti. Terza ed ultima attività prevista, la “messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda”.

Durante l’articolato iter di condivisione delle attività necessarie alla messa in sicurezza delle acque di falda, era stato ritenuto necessario attuare un sistema di mitigazione (pompaggio e trattamento acque in impianto depurazione esistente): a tutt’oggi non risulta pervenuta nessuna notizia circa il funzionamento del sistema di mitigazione. A settembre 2012 si riferisce invece che si è ancora in attesa di autorizzazione allo scarico da parte della provincia di Taranto. Oltre al sistema di mitigazione, per quanto riguardava la “messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda”, nelle conferenze dei servizi del 22 febbraio e dell’8 marzo 2012, si condivise il “Progetto preliminare di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda”. I partecipanti alla riunione convennero sulla necessità di sottoporre il progetto definitivo all’esame degli enti competenti, con Marigenimil che assicurava: “si prevede che la consegna del progetto definitivo avverrà entro luglio 2012”. Ancora oggi il progetto definitivo di messa in sicurezza di emergenza non risulta pervenuto.

Eppure, il 30 marzo del 2012 l’assessore Nicastro sosteneva come con quel progetto fosse il frutto “di una collaborazione tra istituzioni, primo fra tutti il Genio Militare, che rappresenta una buona pratica di amministrazione attiva che, fisiologicamente, se ben indirizzata permette l’individuazione di soluzioni a beneficio del nostro territorio e dei cittadini pugliesi”. Stranamente, da quel giorno di marzo l’assessore Nicastro non è più ritornato sull’argomento né abbiamo notizia di un suo intervento presso la Marina Militare per chiedere chiarimenti sul perché non è stato rispettato praticamente nulla rispetto all’iter previsto in origine. E ci lascia ancora più stupiti il fatto che durante il tavolo tecnico svoltosi alla Confcommercio il 19 febbraio proprio sulla bonifica del Mar Piccolo, il commissario per le bonifiche Alfio Pini pare abbia manifestato la volontà di non prendere in considerazione il ruolo avuto dagli insediamenti militari nell’inquinamento del Mar Piccolo.

Ciò detto, vorremmo soltanto ricordare che a causa dell’inquinamento del I seno di Mar Piccolo, da ben due anni viene distrutta la produzioni dei mitili, arrecando un danno enorme ai mitilicoltori tarantini, non soltanto da un punto di vista economico. Sempre a causa dell’inquinamento, prodotto come sempre da “enti terzi”, è stata decisa la rimozione totale degli allevamenti del I seno al fine di consentire le attività di risanamento ambientale dell’area con spostamento degli allevamenti in un’area situata nella rada di Mar Grande, di appena 389mila mq rispetto all’area individuata dal Centro Ittico Tarantino che in origine era di 700/800.000 metri quadrati (al momento soltanto la cooperativa del mitilicoltore Luciano Carriero ha effettuato lo spostamento, a fronte di un limite temporale per tutti i mitilicoltori che scade esattamente tra due giorni). Il problema di fondo fu che in quello specchio di Mar Grande, si trovano due boe della Marina Militare (più una dell’Autorità Portuale) che di fronte alla richiesta avanzata dal Comune, oppose un netto e inderogabile rifiuto.

Negli ultimi due anni né la politica, né i sindacati, né Confindustria, né Confcommercio, né l’area ambientalista, né alcuna associazione cittadina (tranne l’encomiabile “Le Sciaje”) ha osato soltanto provare a chiedere alla Marina Militare di rendere conto del danno arrecato per decenni di attività nel Mar Piccolo, paventando l’ipotesi di un risarcimento danni. Dimostrazione inoppugnabile del fatto che ad attaccare Ilva, Eni, Cementir e quant’altri siamo tutti molto bravi. Nel frattempo, rischiamo di perdere per sempre il nostro Mar Piccolo e i suoi pregiatissimi mitili. In un silenzio che mette i brividi. Eppure, “ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata” (Albert Einstein, Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955).

Gianmario Leone (TarantoOggi, 26.02.2013)

 

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SAVE MAR PICCOLO: due articoli da leggere

Ripubblichiamo questi due preziosi interventi di approfondimento pubblicati originariamente da Inchiostro Verde e TarantoOggi sulla questione Mar Piccolo, fulcro della vita marinara tarantina da salvare e patrimonio paesaggistico inestimabile:

Marina Militare e mar Piccolo inquinato, dov’è la verità?

8 FEBBRAIO 2013 15:21

TARANTO – «Ciò che abbiamo garantito in conferenza di servizi procede a passo spedito. E non potrebbe essere diversamente». Sono le parole rassicuranti del capitano di vascello Fabrizio Gaeta, direttore del Genio Militare della Marina di Taranto, riportate oggi in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno che si sofferma sul progetto di messa in sicurezza di un’area situata nel primo seno di mar Piccolo. Si tratta del sito “Ex area Ip” dell’Arsenale Militare, interessato da una pesante contaminazione (metalli, pcb, inquinanti inorganici) dovuta proprio alle attività passate della Marina Militare. Il nostro sito è tra i pochi  (insieme al TarantoOggi) ad aver sviscerato la vicenda e i relativi retroscena.

La consegna del Progetto definitivo per la messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda (Mise) era prevista per lo scorso mese di luglio. Doveva essere un passaggio cruciale, al termine di un iter piuttosto tortuoso che aveva visto il Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica della Regione formulare una serie di osservazioni e prescrizioni sul Progetto presentato da Marigenimil. Nel corso della Conferenza dei Servizi decisoria, tenuta l’8 marzo 2012, Marigenimil aveva assicurato una programmazione finanziaria che garantiva l’avvio delle procedure per l’esecuzione delle opere entro il 2012. Siamo arrivati a febbraio 2013 e non ci sembra che tutto sia filato liscio.

Da quanto ci risulta, già a luglio 2012, la Regione aveva chiesto informazioni sul complesso delle attività. Da parte della Marina Militare la risposta sarebbe stata lapidaria: “sono in corso”. Un’altra sollecitazione sarebbe partita dalla Regione a metà gennaio 2013, con  la richiesta di trasmettere informazioni sullo stato di avanzamento delle tre attività in corso. Dalla Marina Militare, però, non sarebbe arrivato alcun riscontro. A questo punto, è bene precisare quali sono le attività interessate.

Innanzitutto, c’è il Piano di integrazione alla caratterizzazione ambientale. Nel tavolo tecnico del 4 ottobre 2011, Marigenimil affermava che avrebbe trasmesso i risultati della caratterizzazione integrativa entro maggio 2012. Secondo fonti ben informate, però, alla Regione non sarebbe ancora pervenuta alcuna notizia circa il completamento della caratterizzazione integrativa. Poi c’è l’attività di messa in sicurezza di emergenza delle aree con presenza di rifiuti. Durante lo stesso tavolo tecnico, Marigenimil aveva comunicato che l’avvio della rimozione dei rifiuti sarebbe partito entro sessanta giorni dalla data della riunione. A quanto pare, la rimozione è stata solo parziale e alla Regione non sarebbe giunta alcuna notizia in merito al suo completamento.

Poi c’è il terzo punto. Durante l’articolato iter di condivisione delle attività necessarie alla messa in sicurezza delle acque di falda, si era ritenuto necessario attuare una serie di opere, a partire dal sistema di mitigazione (pompaggio e trattamento delle acque in un impianto di depurazione esistente). Al momento, non sarebbe pervenuta alcuna  notizia circa il funzionamento di tale sistema. Facciamo qualche passo indietro e torniamo alle conferenze dei servizi dell’8 marzo e del 22 febbraio 2012, quando è stato condiviso il “Progetto preliminare di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda”.

I partecipanti avevano concordato la necessità di sottoporre il progetto definitivo all’esame degli enti competenti. Marigenimil aveva previsto quanto segue: “la consegna del progetto definitivo avverrà entro luglio 2012”. Anche in questo caso, fonti ben informate ci dicono che il progetto definitivo di messa in sicurezza di emergenza, al momento, non risulta ancora pervenuto in Regione. Tutto procede a passo spedito, quindi? A noi sembra vero il contrario.

Infine, ci concediamo una domanda ingenua: l’ingegner Alfio Pini, commissario per le bonifiche dell’area tarantina, ha già preso contatti o chiesto informazioni sullo stato di tutte le potenziali fonti inquinanti (dalla grande industria alla Marina Militare)? Anche su questo punto ci impegniamo a svolgere un ulteriore approfondimento. Così come seguiremo da vicino le vicende relative ai mitilicoltori tarantini, costretti ad abbandonare il primo seno di mar Piccolo (su cui pende un divieto di prelievo e commercializzazione delle cozze dal 22 luglio 2011) ed esiliati nelle nuove aree di mar Grande, dove li attende un futuro carico di incognite.

Alessandra Congedo (in collaborazione con Gianmario Leone) – In esclusiva per InchiostroVerde

 

Mar Piccolo: prima della bonifica, verità e giustizia

25 FEBBRAIO 2013 12:08

TARANTO – La cabina di regia istituita sulla scorta dell’Atto di intesa sottoscritto il 26 luglio dello scorso anno riguardante la bonifica e l’ambientalizzazione dell’area tarantina, riunitasi lo scorso 19 febbraio, ha stabilito tre priorità d’intervento: il rione Tamburi, l’area industriale di Statte e la bonifica del mar Piccolo. La prossima riunione si terrà il 6 marzo.

Bene. Premesso che qualcuno deve ancora spiegare a Taranto e ai tarantini come sarà possibile bonificare le aree di Tamburi e Statte in cui insistono e continueranno ad insistere fonti emissive inquinanti come l’Ilva, è la situazione in cui versa il Mar Piccolo il vero problema. Il giorno dopo la cabina di regia, il 20 febbraio, presso la Confcommercio si è svolto un tavolo tecnico durante il quale il commissario per la bonifiche Alfio Pini ha solennemente dichiarato che “la bonifica del Mar Piccolo è una certezza”.

“L’azione di bonifica – ha spiegato il commissario – è ovviamente dipendente dall’accertamento dell’origine delle fonti di inquinamento e dalla loro eliminazione. Operazione che potrebbe richiedere tempi lunghi e che potrebbe interferire con la tempistica di finanziamento dei progetti di bonifica”. Dunque, a febbraio 2013, siamo ancora alla fase zero del problema: capire chi e in che quantità ha inquinato il Mar Piccolo. Operazione che da anni definiamo una ridicola caccia al tesoro, a causa dell’ignavia e della vigliaccheria delle nostre istituzioni e che, addirittura, se non completata entro il prossimo mese di dicembre, potrebbe far perdere i 20 milioni stanziati dall’atto d’intesa del 26 luglio scorso.

Ma la storia dell’inquinamento del Mar Piccolo è nota a molti e su queste colonne (con il prezioso aiuto e supporto del sito internet “inchiostroverde.it” gestito dalla collega Alessandra Congedo) la denunciamo da anni. Come sempre nel silenzio più assoluto. Per questo consigliamo al commissario Pini di informarsi, e bene, sulla storia recente e non dell’inquinamento del Mar Piccolo, evitando di lasciarsi irretire dalle belle parole e dai buoni propositi dei nostri politici. Per questo riteniamo opportuno ripercorre un po’ di storia per riportare le cose al loro posto. Perché le fonti inquinanti e i vari inquinatori esistono eccome. E i nomi si conoscono. Da sempre. Magari i tempi saranno come detto molto lunghi: ma è sempre meglio scoprire la verità e poi agire di conseguenza. Altrimenti si corre il serio rischio di utilizzare quei 20 milioni per nulla. Ancora una volta. Quello che leggerete è dunque un percorso all’indietro nel passato sugli eventi principali che su queste colonne abbiamo denunciato più volte negli ultimi anni.

Pillole di storia

Tanto per iniziare, il commissario Pini potrebbe avviare una piccola indagine per vedere se se siano ancora attivi o meno gli 11 trasformatori elettrici dell’Ilva, i 38 trasformatori di Marinarsen e l’altro trasformatore dell’Enel. Nel 1990 fu effettuato un censimento di tutti i trasformatori elettrici presenti nelle aziende industriali della Provincia di Taranto, richiesto dall’allora assessore alla Sanità, Mario Guadagnalo, che inviò una circolare in cui chiedeva di quantificare il PCB presente sul territorio.

Il risultato dell’allora Italsider fu impressionante: 1000 grandi trasformatori contenenti PCB per un totale di 1.800 tonnellate d’Askarel (denominazione commerciale del prodotto) ma nel 1979 i trasformatori erano di più e l’apirolio era quasi il doppio. SIMI dichiarò kg 2.040,  Belleli Sud kg 440, Sidermontaggi kg 1.550, Cementir kg 16.950, Sip kg 1.560, Stab. Navali kg 3.853, Ospedale Civ. kg 9.198, Rivestubi kg 12.198, Dalmine kg 13.700. Il tutto per un totale di 62 tonnellate da aggiungere ovviamente alle 1.800 dell’ILVA. Oramai molte di queste aziende non operano più sul nostro territorio. All’epoca dei fatti, l’Arsenale Militare negò il possesso d’Askarel. Proprio pochi giorni dopo però, venne rinvenuta una vasca contenente PCB all’interno dell’Arsenale. Nella vasca in oggetto, risultò che venivano stoccati fanghi provenienti dal dragaggio del Mar Piccolo. La percentuale di PCB contenuta era molto elevata, così come i valori, totalmente fuori scala, dei metalli pesanti.

Il 18 settembre 2001, con Decreto Ministeriale n. 468, viene messo nero su bianco il regolamento del “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”. Per quanto riguarda la città dei Due Mari, il decreto aveva stabilito la “Bonifica e ripristino ambientale di aree industriali, di specchi marini (Mar Piccolo) e salmastri (Salina grande)”. La superficie interessata dagli interventi di bonifica e ripristino ambientale, veniva inoltre così suddivisa: circa 22,0 km2 (aree private), 10,0 km2 (aree pubbliche), 22,0 km2 (Mar Piccolo), 51,1 km2 (Mar Grande), 9,8 km2 (Salina Grande). Lo sviluppo costiero riguardava un totale di circa 17 km. Il perimetro del territorio in questione, riguarda l’area dichiarata “Area ad elevato rischio di crisi ambientale” nel lontano novembre 1990.

La dichiarazione venne reiterata nel luglio 1997. Con decreto del Presidente della Repubblica del 23 aprile 1998, venne inoltre approvato il “Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della Provincia di Taranto”. Siamo quasi alla preistoria. Nella relazione del decreto ministeriale, veniva spiegata in maniera inequivocabile il perché ancora oggi, e chissà per quanti altri anni ancora, il Mar Piccolo verserà in condizioni di assoluta criticità ambientale. “Di particolare interesse sono le aree del mar Piccolo e le saline. I corsi d’acqua superficiali a carattere esclusivamente torrentizio sono recapito di reflui diversi scarsamente o per nulla depurati.

Particolarmente compromessa appare la situazione del Paternisco e del canale di Aiedda, che recapita nel bacino ad elevata vulnerabilità del Mar Piccolo con evidenti risvolti sulla qualità dei sedimenti. Il Mar Piccolo risulta quindi gravemente compromesso dalla pessima qualità degli affluenti in esso recapitanti, che determinano un grave stato eutrofico, accentuato dalla particolare morfologia del bacino stesso”. Per quanto invece atteneva le acque sotterranee, nel 2001 mancava ancora la conoscenza dello stato della falda sottostante le aree industriali; nonostante questo, già 12 anni fa venivano evidenziati “fenomeni di inquinamento diffuso di origine agricola e concentrato dovuto a rilasci di percolato da discariche incontrollate e da pozzi neri non adeguatamente impermeabilizzati”.

Altro aiuto al buon Pini, potrebbe arrivare dalla consultazione della mappa sulla “Distribuzione dei PCB nei sedimenti dei Mari di Taranto”, fornita dal CNR nel corso della riunione tecnica che si svolse a Taranto giovedì 11 agosto 2011 (si era nel pieno della prima emergenza mitili), dalla quale si evinceva chiaramente come la presenza maggiore di PCB nel I seno del Mar Piccolo si trovasse in corrispondenza dell’Arsenale Militare, degli ex cantieri navali Tosi, di una parte di Buffoluto, e dalla parte dei Tamburi e del Galeso.

Sempre nel 2011, durante la Giunta Regionale del 2 novembre, l’assessore alla Qualità dell’Ambiente Lorenzo Nicastro relazionò sulla contaminazione da policlorobifenili (PCB) del I seno del Mar Piccolo. E lo fece avvalendosi di una documentazione importante: da un lato con una che l’ISPRA (datata 4 ottobre 2001) inviò al Ministero dell’Ambiente nella quale veniva indicato il grave stato di contaminazione del mar Piccolo; dall’altro la “Relazione tecnica sullo stato di inquinamento da PCB nel SIN Taranto ed in aree limitrofe”, effettuata dal Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica della Regione Puglia. Una relazione molto dettagliata di 28 pagine, nella quale venivamo messe in evidenza le fonti primarie di contaminazione (sorgenti attive che incrementano il flusso massico di PCB nel Mar Piccolo) e le fonti secondarie (sedimenti inquinati che generano la propagazione della contaminazione anche attraverso la risospensione naturale o indotta antropicamente).

Una relazione nella quale vengono messi sul banco degli imputati la Marina Militare e un’azienda ai più sconosciuta: la “San Marco Metalmeccanica” (che opera nell’indotto Ilva). La relazione denunciava come dal 1972 al 1995 venne riempita con materiale di risulta e scarti provenienti da lavorazioni di tipo industriale, una cava presente sul suolo occupato dalla San Marco che acquistò il terreno nel 2003. L’area in cui si colloca la cava in questione, possiede una sovrapposizione di una serie sedimentaria clastica pleistocenica (Calcareniti di Gravina) e del substrato mesozoico carbonatico (Calcare di Altamura). In quella zona è presente solo la falda profonda che ha sede nella successione del Calcare di Altamura. Gli elaborati del Piano regionale di Tutela delle Acque mostrarono come lo scorrimento della falda carsica avviene prevalentemente lungo la direttrice NO-SE, cioè proprio verso il Mar Piccolo. Il che spiegherebbe il perché nella mappa del CNR viene segnalato come area altamente inquinata da PCB, lo specchio d’acqua prospiciente i Tamburi e il Galeso. E soprattutto chiarirebbe il perché ARPA Puglia da tempo chiede che vengano svolte delle indagini approfondite sulla questione, che potrebbe essere alla base di un’ipotesi devastante: si teme infatti che i citri di acqua dolce presenti nel I seno porterebbero dalla falda al mare l’inquinamento da PCB.

Come altra fonte primaria accertata di inquinamento da PCB del Mar Piccolo, la relazione indicò le aree a terra gestite dalla Marina Militare (Arsenale), in cui la presenza di PCB è stata accertata anche nei terreni e nella falda superficiale che veicola la contaminazione. Parliamo di un sito esteso per circa 23.000 mq, in cui sin dal 1890 é stata svolta attività da parte di numerose aziende di supporto alla Marina. La caratterizzazione ha interessato una superficie di circa 30.000 mq ed ha evidenziato una contaminazione da metalli pesanti (antimonio, arsenico, mercurio, piombo, rame, selenio, vanadio e zinco), da policlorobifenili e da idrocarburi leggeri e pesanti. Nella porzione est del Comprensorio Arsenalizio della Marina Militare é presente anche un’altra area, denominata “Zona Gittata”, che ha una estensione di 1500 mq ed è stata adibita a vasca di deposito di fanghi di dragaggio, rimossi e smaltiti nel 2009. Sempre nello stesso anno avvenne la dismissione della vasca e furono eseguite delle indagini ambientali preliminari che evidenziarono il superamento, nel suolo, delle concentrazioni soglia di contaminazione per siti commerciali e industriali per i parametri piombo, rame, zinco, arsenico e PCB. Le quote del terreno risultate contaminate, erano a profondità maggiori di 10 cm.

C’è poi una fonte secondaria: i sedimenti del Mar Piccolo, dove sono state individuate due distinte zone interessate dalla presenza di PCB. Una in corrispondenza dell’Arsenale militare, nell’area di caratterizzazione denominata “area 170 ha”, l’altra posta a nord del primo seno, a circa 200 m ad ovest della penisola di Punta Penna. La valutazione della qualità dei sedimenti dell’area “170 ha” è stata formulata sulla base del confronto con i “valori di intervento per i sedimenti di aree fortemente antropizzate nel sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto” proposti da ICRAM ed approvati in conferenza dei servizi ministeriale del 29 dicembre 2004. I dati evidenziarono uno stato di contaminazione diffusa da PCB, con superamento del valore di intervento (190 μg/kg) per tutta l’area indagata e per tutto lo spessore analizzato.

I milioni che mancano all’appello

Pensare di bonificare il Mar Piccolo con appena 20 milioni di euro, è una barzelletta che non fa ridere nessuno. Ed alla quale soltanto i nostri politici e la nostra classe dirigente può credere. Anche perché negli anni le somme stanziate e sparite nel nulla sono nettamente superiori. Ad esempio, per l’area “170 ha” fu approvato un progetto definitivo da parte del MISE (Ministero Sviluppo Economico) con relativo quadro economico di € 35.415.303,12. Dove sono finiti quei soldi? La domanda è quanto mai lecita, visto che nel verbale del 15.09.2005 la conferenza dei servizi ministeriale deliberò di richiedere al Commissario Delegato della Regione Puglia “di procedere con la massima celerità all’aggiudicazione delle attività di MISE dei sedimenti con valori di concentrazioni di inquinanti superiori al 90% dei valori di concentrazione limite accettabili”.

Ma dopo alcune proteste delle associazioni di mitilicoltura, preoccupate per gli effetti del dragaggio sulla qualità dei mitili, fu proposto dalla Provincia di Taranto di effettuare uno studio di dettaglio sull’area in modo da colmare alcune lacune individuate in fase di caratterizzazione e verificare, con un’analisi costi-benefici, il miglior sistema di intervento da attuare. Ma lo studio si è perso chissà dove. In un’altra Conferenza dei Servizi riunitasi a Roma in data 19.10.2006 presso il Ministero dell’Ambiente, vennero invece stanziati 26 milioni di euro destinati all’area tarantina. Il 10.11.2006 la Provincia di Taranto annunciava: “Risanamento del Mar Piccolo: 3 milioni di euro per l’analisi del rischio”. Le risorse stanziate facevano parte dei 10 milioni di euro complessivi che la Regione Puglia mise a disposizione per l’intera operazione. Sempre in quel comunicato si affermava che “oltre ai fondi regionali, com’è noto, ci sono anche i 26 milioni di euro del Ministero dell’Ambiente che, come si ricorderà, senza l’azione congiunta di Regione Puglia e Provincia di Taranto rischiavano di finire a Manfredonia…”.

Qualche giorno dopo, il 19.10.2006, veniva ufficializzata la notizia dei 26 milioni di euro stanziati dalla Conferenza dei Servizi, “per il risanamento del Mar Piccolo”. Il presidente della Provincia, Gianni Florido, così commentava: “Bella notizia, merito anche dell’azione sinergica messa in campo con il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola e il presidente del consiglio regionale, Luciano Mineo”. Eravamo nel 2006. Tra i fondi stanziati dalla Regione Puglia e quelli della Conferenza dei Servizi, in totale si parlava di 36 milioni di euro da destinare alla bonifica del Mar Piccolo. Il MISE ne stanziò altri 35 l’anno prima. Sono passati sette anni e di quei soldi non vi è più traccia. Nella relazione del decreto ministeriale del 2011, venivano previsti i costi per la messa in sicurezza e/o bonifica. “Le prime stime, effettuate sulla base dei dati preliminari di estensione e di tipologia di inquinamento, indicano un fabbisogno di larga massima pari a circa 100 miliardi”. Di lire. Oggi sarebbero 500 milioni di euro.

Accertare tutte le fonti e prendere i colpevoli

Questa è Storia. Inconfutabile. Su cui nessuno può recitare la parte dello struzzo. Proprio ieri, sul blog del “Comitato per Taranto” è stato caricato un video dal titolo “Amarcord”, sulla produzione di vongole nel Mar Piccolo. Ciò detto, è praticamente impossibile quantificare un danno del genere. Quanti soldi ci vorrebbero per risarcire un’intera comunità a cui è stata privata la possibilità di avere un mare pulito dove poter coltivare e pescare i migliori mitili di tutto il Mediterraneo? E di avere una falda libera da ogni tipo di inquinante? Quando si inizierà ad indagare su chi ha interrato per 23 anni nella cava sulla strada di Statte materiale altamente inquinante, che nel corso degli anni è arrivato sino alla falda profonda per poi defluire in maniera inesorabile nel Mar Piccolo? E quante altre domande si potrebbero fare. Alla fine di tutto, resta in noi l’assoluta certezza che i colpevoli siano decine e decine, ed abbiano occupato ed occupino ancora oggi, ogni livello del nostro sistema di potere. E che, soprattutto, ci abbiano avvelenato il Mar Piccolo. Forse per sempre.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 25.02.2013)

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Taranto fa l’amore a senso unico – Foto e Video

Nel ringraziare tutti i partecipanti che hanno riempito la Torre dell’Orologio e – nuovamente – Gianluca Marinelli per aver condiviso con noi il suo eccellente lavoro di ricerca, pubblichiamo qui un breve estratto video e le foto della serata di ieri, a testimonianza della fame di cultura di Taranto e della voglia di far rivivere la Città Vecchia.

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Ancora sul Galeso (e ancora, ancora, ancora…)

Dall’inizio delle nostre attività il Fiume Galeso ed l’area verde ad esso prossima sono stati centrali nelle nostre battaglie, perché polmone verde ai margini del quartiere Tamburi, perché carichi di infinito valore storico culturale, perché luoghi bellissimi che meritano d’essere liberati dalla patina di abbandono che li ricopre.

Al Galeso abbiamo dedicato approfondimenti, lettere aperte ed una guida turistica ai luoghi che lo circondano.

Per questo, non possiamo che partecipare con attenzione e gli occhi bene aperti alla progettazione comunale e provinciale sulla riqualificazione dell’area e l’allestimento del bioparco su Mar Piccolo. Ecco, quindi, due articoli relativi al sopralluogo svolto durante la mattina del 20 febbraio scorso, con frammenti di interviste a nostri membri.

Nella speranza di un maggiore coinvolgimento e una maggiore partecipazione della cittadinanza attiva nei processi decisionali.

Cliccate sulle immagini per ingrandire.

 

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