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CENTENARIO DELLA VILLA PERIPATO – riflessioni e proposte del Maestro Cataldo PORTACCI

Pubblichiamo questo nuovo, interessantissimo estratto del “Diario di un Tarantino Verace” del Maestro d’Ascia Cataldo PORTACCI, socio onorario della nostra associazione e fonte inesauribile di memorie, proposte e amore per la città di Taranto:

1913 -2013 CENTENARIO DELLA VILLA PERIPATO:
RIFLESSIONI E PROPOSTE PER LO SVILUPPO ECOMPATIBILE DELLA NOSTRA CITTA’

“Il 1913 per la Città di Taranto è stato un anno significativo per un avvenimento che ha segnato positivamente il suo tessuto urbano e storico. In quell’anno fu messa a disposizione dei cittadini tarantini la Villa Beaumont – Bonelli oggi Peripato. Sono, quindi, trascorsi 100 anni. Per il suo affaccio ineguagliabile dai connotati settecenteschi ha costituito uno dei fiori all’occhiello del Borgo e dell’intera Città. Uno dei pochi affacci a mare che il Borgo Umbertino ha avuto sul Mar Piccolo dopo l’insediamento della Marina Militare. Essa è , quindi, una vera e propria oasi sopravvissuta allo sconvolgimento del territorio per la costruzione della banchina Torpediniere e dei palazzi del borgo. Nonostante le manomissioni, e vere proprie violenze urbanistiche della memoria del luogo, oggi rimane uno dei pochi polmoni di verde in una Città martoriata dall’inquinamento.

Fig 1 La Scalinata Monumentale originale e l’antica cancellata della Villa Peripato

La Villa Peripato che ho conosciuto negli anni ’30, durante la mia infanzia, era molto diversa da quella di oggi. All’epoca il sito era frequentatissimo: un vero e proprio polo di attrazione della Città. I Giardini Peripato con lo Scalone monumentale all’ingresso di Piazza Roma si presentava solenne e austera. Questo ingresso maestoso, insieme alla Rotonda con l’affaccio sul Mar Piccolo, furono demoliti nel 1935 per lasciare il posto alla Piazza del Circolo Ufficiali della Regia Marina (Figura 1). Il cancello e la recinzione esterna, costruita in ferro battuto dai maestri fabbri tarantini, fu rottamata per dare “ferro alla patria” sempre durante il ventennio fascista, con il motto “tutto può essere utile per la costrizione di aratri e cannoni”. Era presente, inoltre, una fitta vegetazione di essenze pregiate, in particolare sulla rampa che declinava sul Mar Piccolo; il verde lussureggiante rendeva la Villa una vera oasi di quiete e serenità, una specie di “Paradiso Terrestre”. Ricordo quando la mia nonna materna mi conduceva in questo ridente giardino per consentirmi di respirare l’aria ossigenata nel primo mattino; questo mi permise di guarire da una tosse stizzosa e continua, insieme agli sciroppi preparati dalla Farmacia di Don Luca sita in Via Garibaldi in Città Vecchia. All’inizio della scalinata mi liberavo dalla mano della nonna per salire in fretta e unirmi al gioco dei tanti bambini presenti nella Villa. I Giardini Peripato, quindi, assolvevano in modo esemplare il ruolo che aveva sognato e voluto fortemente il Sindaco Francesco Troilo: un polmone verde per gli abitanti di Taranto, una “finestra” sul Mar Piccolo, una “riserva” di storia e paesaggio da difendere e fruire.

Oggi a distanza di tanti anni, alla luce dei cambiamenti avvenuti quale ruolo può svolgere questo storico lembo della Città Bimare per il suo sviluppo eco -compatibile?

Il recupero della Villa Peripato non può essere considerato avulso da una rivalutazione dell’intero Borgo all’interno di un nuovo piano urbanistico. Il Centro di Taranto deve diventare nuovamente un polo di attrazione che impedisca l’espansione anonima verso le periferia di una Città dilatata verso la parte sud orientale. Una parte importante della Nostra Identità rischia di perdersi diventando uguale a quello di tante altre Città che non possono fregiarsi della Nostra Storia. E’ inevitabile e necessario continuare l’attiva di dialogo con la Marina Militare che si è sempre dimostrata sensibile su questi temi al fine di rendere organico un progetto di rivalutazione strategica della Villa. Va colta la volontà di una parte degli intellettuali pugliesi di utilizzare l’opportunità fornita dai Fondi Europei FESR all’interno del Progetto “Cult Tour” per la valorizzazione della Villa quale sito di importanza strategica a livello architettonico e dell’architettura del verde pubblico. Va riaffermato in questa circostanza il ruolo del Comune di Taranto e la richiesta preventiva delle modalità di ristrutturazione della Villa aprendo un dialogo con la parte più vitale e vivace degli intellettuali tarantini.

In tale contesto le mie proposte per la rivalutazione della Villa Peripato sono:

– ricostruire lo Scalone Monumentale distrutto in Piazza Roma – Kennedy (Figura 1-2);

Fig 2 Il “nuovo” ingresso della Villa Peripato, mutilato per far posto al Regio Circolo della Marina

– sistemare all’interno dell’ingresso i due leoni di pietra che facevano bella mostra davanti alla Villa Settecentesca di Monsignor Capacelatro oggi custoditi nei viali dell’Ospedali della Marina Militare.Essi, oltre al valore storico delle opere, riportano l’epigrafe in latino “SI RURUSUS HEIC PECCASSET ADAM FORSITAN DEUS IGNOSCERET” (Se qui Adamo avesse peccato di nuovo forse Dio non avrebbe badato) quale monito secolare a testimonianza della bellezza del luogo che si sta per visitare (Figura 3);

Fig 3 I due leoni di pietra che facevano bella mostra davanti alla Villa Settecentesca di Monsignor Capacelatro oggi custoditi nei viali dell’Ospedali della Marina Militare (Tratto da Chirico C., Sulla via che mena al Pizzone, Scorpione Editrice 2001)

– collocare molte altre bacheche per erudire i visitatori sui valore storico dei giardini e dei reperti archeologici presenti rivalutando la Villa, quindi, anche come vero e proprio Museo a cielo aperto in continuità col MARTA (Figura 4);

Fig 4 Un patrimonio archeologico immenso gestito in modo anonimo e usato come sottovaso (a)

– sfoltire la vegetazione spontanea per valorizzare la veduta sul Mar Piccolo (Figura 5);

Fig 5 La vegetazione spontanea che preclude la vista sul Mar Piccolo – Fig 6 Le tristi strisce di asfalto che ricoprono i percorsi originali

– aprire dei passaggi pedonali sulla rampa per agevolare il percorso turistico – culturale tra Museo MARTA la rinnovata Villa e le attività nautiche e di archeologia industriale del progettato museo della Marina Militare presso la banchina Torpediniere con l’utilizzo della Vittorio Veneto;

– eseguire un accurato lavoro di raccolta bibliografica per conoscere quali fossero gli elementi architettonici originali e le essenze della Villa Settecentesca quale essenziale prologo di qualsiasi progetto di rivalutazione;

– aprire un dibattito cittadino a tutti i livelli per il Piano Urbanistico della Città in cui la Villa Peripato costituisce uno dei siti baricentrici per lo sviluppo culturale di Taranto;

– definire di concerto con la Marina Militare l’apertura uno “finestra” attraverso la demolizione, anche parziale, del muro dell’Arsenale della Marina Militare per aprire il Borgo al Mar Piccolo;

– eliminare le tristi strisce di asfalto che ricoprono i percorsi originali (Figura 6);

– intensificare la fruizione del sito con la programmazione di eventi culturali consoni al luogo con associazioni di categoria e culturali (Figura 7);

Fig 7 La Villa Peripato come uno dei luoghi privilegiati per intensificare la fruizione del sito con la programmazione di eventi culturali consoni al luogo con associazioni di categoria e culturali

– intensificare le azioni di vigilanza antivandaliche anche con l’ausilio di un sistema di telecamere in continuo a circuito chiuso gestito dalle Forze dell’Ordine.

Queste modeste note di memoria storica e di proposta sono finalizzate a creare un movimento di opinione per lo sviluppo eco – compatibile della Nostra Città in uno dei periodi più difficile della sua storia, non solo per ricordare una data, un centenario significativo, ma per aprire un dibattito per un progetto condiviso di sviluppo della Nostra Comunità. In tale contesto un contributo indispensabile e decisivo lo devono dare, insieme alle Istituzioni Elettive, le associazioni culturali ed ambientaliste attraverso una programmazione strategica capace di avere una visione comune e fortemente condivisa per RESTITUIRE LO SPLENDORE ORIGINARIO ALLA VILLA PERIPATO.

Taranto, febbraio 2013

Cataldo PORTACCI 

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TARANTO FA L’AMORE A SENSO UNICO alla TORRE DELL’OROLOGIO

Taranto e l’Industria, un rapporto complesso lungo sessant’anni. Sessant’anni a fasi alterne, tra illusorio benessere e dolorosi risvegli. Sessant’anni durante i quali la cultura è stata allo stesso tempo vittima e figlia della nuova “era dell’acciaio” e del boom economico.

Ma qual è stato il rapporto tra la siderurgia pubblica tarantina e l’arte? Per rispondere a questa domanda è indispensabile il lavoro di Gianluca Marinelli, artista e storico dell’arte, autore del saggio TARANTO FA L’AMORE A SENSO UNICO. ESPERIENZE ARTISTICHE NEI PRIMI ANNI DELL’ITALSIDER (1960-1975), ARGO edizioni. Come descritto nella prefazione di Francesco Abbate, un saggio che “analizzando con grande rigore la politica culturale dell’Italsider, affresca proprio gli anni dell’ottimismo industrialista, capace di coinvolgere personalità di primo piano della cultura italiana, dalla letteratura alle arti figurative, e ricercare, spesso con successo, le giustificazioni teoriche alla gigantesca operazione che rimarrà contrassegnata dal fortunato slogan “acciaio tra gli ulivi”.
Simbolo di questo pezzo di storia, proprio la copertina disegnata da Flavio Costantini per la monografia edita dall’azienda nel 1961: l’ulivo contorto in primo piano e, sullo sfondo, il lindo stabilimento appena insediato raccontano molto più della storia di un “polo di sviluppo”. Quanto al rapporto col mondo della cultura, non fu né semplice né univoco e certo non si esaurì entro le linee tracciate dall’ambizioso progetto aziendale: il ruolo degli intellettuali fu spesso vivacemente critico, preconizzando talvolta con largo anticipo i guasti cui avrebbero portato le irresolutezze e le contraddizioni dell’“illuminato” capitalismo di Stato incarnato dall’Italsider.”

Gianluca Marinelli presenterà il suo saggio sabato 23 febbraio 2013 alle ore 19 all’interno della Torre dell’Orologio, Piazza Fontana, Città Vecchia di Taranto, nell’ambito delle attività culturali che l’Associazione Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje porta avanti da due anni nell’Esposizione “Il Tempo del Mare”.

Un appuntamento imperdibile per appassionati di arte, storia tarantina e cultura. Cultura che torna, grazie all’azione coordinata di diverse realtà associative tarantine, al centro della vita della rinascente Città Vecchia. Le storiche architetture della Torre concedono posti limitati, si raccomanda pertanto la massima puntualità.

 

Note sull’autore: Gianluca Marinelli (1983), artista e storico dell’arte. Suoi saggi sul rapporto arte-industria sono apparsi su riviste universitarie (“Kronos”, “Nuovi itinerari di storia dell’arte). Ha curato i profili critici di alcuni artisti italiani e stranieri operanti in Italia Meridionale.

Note sull’associazione: il Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje ha iniziato le sue attività grazie al progetto risultato vincitore del bando regionale Principi Attivi 2010 e continua a seguire un percorso di approfondimento culturale in rete con le realtà attive sul territorio. In particolare, ha incentrato la sua proposta di promozione culturale su due punti cardine: la riscoperta dell’eredità marinara tarantina e la riqualificazione dei luoghi più importanti della sua marineria civile, tra cui spiccano la Città Vecchia e il Mar Piccolo. Inoltre, si occupa da due anni della gestione di eventi e visite guidate all’interno dell’Esposizione permanente Il Tempo del Mare, allestita in partenariato con il Centro Ittico Tarantino e il Comune di Taranto all’interno della Torre dell’Orologio in Piazza Fontana.

 

Per informazioni e contatti:

Associazione Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje

Tel 3889538912 – lesciaje@gmail.com – www.lesciaje.it

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Il Museo Etnografico Majorano, una lunga odissea

COMUNICATO STAMPA

E’ notizia della settimana scorsa quella della mancata ammissione del progetto comunale per il Museo Etnografico “Alfredo Majorano” alla fase istruttoria e selettiva del Bando pubblico per la “Riqualificazione e Valorizzazione del sistema museale” (Linea di intervento 4.2 – Azione 4.2.1 del PO FESR Puglia 2007/2013) a causa dell’assenza dei necessari allegati statuto/regolamento del museo, progetto esecutivo e piano di gestione economico.

Non è possibile astenersi dal denunciare questa gravissima imperizia dell’amministrazione comunale nell’espletare la procedura per il finanziamento di un museo già annunciato come pronto più di un anno fa e gli effetti della lacuna imposta al sistema museale tarantino.

Alfredo Majorano è stato cultore e profondo conoscitore della storia delle tradizioni popolari tarentine, un figlio della Città Vecchia. I suoi lavori, memorie demologiche e raccolte etnografiche, ottennero riconoscimenti ufficiali dall’etno-antropologo Alberto Maria Cirese, cittadino onorario di Taranto, in occasione della mostra del 1971 “Aspetti e ritualità del mondo magico e religioso del Tarantino” (organizzata in collaborazione tra gli altri con “la Voce del Popolo” di Antonio Rizzo) e della “Mostra di Attrezzi piscatori con documenti Storici” del 1978 (nell’ambito della rassegna estiva del Comune “Taranto e il Mare”). La “collezione Majorano” spazia dai costumi della religiosità popolare tarantina a raccolte di materiale audiovisivo di altissimo pregio, dalle terrecotte, piatti cerimoniali e vasi di ceramica grottagliese alle maioliche di Laterza, dalle figurazioni di presepi ai giochi tradizionali fino alle testimonianze delle attività piscatorie e mitilicole dei Due Mari, con attrezzi e ex voto dei pescatori della Città Vecchia, particolarmente preziose oggi mentre assistiamo alla rimozione della civiltà del mare e della mitilicoltura dal Mar Piccolo.

La collezione fu donata alla città come patrimonio comune ma, ancora e nonostante i tanti interventi di amministratori, accademici, studiosi e appassionati cultori, non riesce a trovare adeguata dimora. Originariamente era prevista nella prestigiosissima sede del Palazzo D’Ayala-Valva, sulla via Paisiello, forse la più bella tra le residenze nobiliari presenti sull’Isola, di proprietà comunale ma in totale stato di abbandono. Nel frattempo, parte della collezione ha trovato rifugio al primo piano e nell’ipogeo del Palazzo Galeota. Su entrambe le residenze insiste la lapide “Comune di Taranto Museo Etnografico Alfredo Maiorano”.

Il portone di Palazzo D'Ayala, tristemente adibito a nicchia per cassonetti

Oggi, sulla carta, è il secondo piano di Palazzo Pantaleo, già ristrutturato con diversi interventi pubblici, la sede della collezione Majorano, che resta però ancora non fruibile dalla cittadinanza.

L’ultima, amara beffa del mancato accesso ai fondi regionali non indica solo un grave problema gestionale ma rappresenta le negazione stessa della conoscenza delle radici culturali di Taranto.

Una rimozione di memorie storiche di inestimabile valore, strettamente collegate all’identità più vera di Taranto, quella della Città Vecchia e del Mar Piccolo. Rendere fruibile il patrimonio della cultura popolare e delle “classi subalterne” della parte bassa dell’Isola, da piazza Fontana fino alla Marina, con i suoi frammenti di vita quotidiana, le memorie marinare, le consuetudini diventate tradizione è, invece, necessità profonda ed urgente di una città stravolta che vuole ripianificare il suo futuro.

Il patrimonio museale tarantino ospita migliaia di visite all’anno grazie al M.Ar.Ta., al Castello Aragonese, al Mu.Di e ad altre esposizioni presenti sul territorio. Oltre ai fasti Magno Greci, la Taranto medioevale, settecentesca e preindustriale è riconosciuta a livello internazionale per un patrimonio storico-culturale che, se valorizzato e considerato come opportunità economica, costituirebbe la base per lo sviluppo di tante idee imprenditoriali innovative e intelligenti. Infatti, anche grazie alle tanto pubblicizzate Smart Idea e Start Up, molto spesso i piccoli poli storico-culturali sono retti da associazioni e gruppi di giovani professionisti che dedicano gran parte del proprio tempo alla diffusione della cultura e alla ricerca storica e sono abituati, per andare avanti, a rispondere a bandi di finanziamento.

Oggi le amministrazioni dovrebbero, come minimo gesto di onestà intellettuale, prendere coscienza dei propri limiti, aprirsi alla cittadinanza, valutare e accogliere le proposte di collaborazione delle “risorse umane” presenti e operanti in città, trasformando così passione e impegno volontario in opportunità lavorative. Per risollevare la già disastrosa immagine che le cronache riservano a Taranto non ci si può permettere di andare a tentoni. E’ invece necessaria la diffusione della cultura del territorio in forme non episodiche ma quotidianamente fruibili, che permettano di superare quel complesso di inferiorità che danneggia la percezione della città e dei suoi abitanti con le loro potenzialità. Questo si può fare incoraggiando quei piccoli ma virtuosi percorsi culturali e sociali di attivismo cittadino, testimonianza di un fermento che se non tempestivamente considerato riproporrà l’ormai consueta fuga dei cervelli che ha già generato la “diaspora tarantina”.

Diverse iniziative per tamponare questa falla possono essere intraprese: non piccole cerimonie, slogan fini a se stessi, lanci di notizie, vuote promesse e scaricabarile tra istituzioni ma conferenze di servizi, tavoli tecnici aperti, consigli comunali tematici che affrontino adeguatamente e tempestivamente le esigenze di rivalutazione culturale del territorio.

Ricordando che ogni euro speso bene per progetti culturali rappresenterà un fruttuoso investimento a lungo termine, rappresentando un valore aggiunto per le attività economiche del territorio, con un incremento trasversale di vita attiva e pulsante. Ogni euro perso, invece, porterà solo a nuovi biglietti di sola andata.

 

 

Il comunicato (parzialmente) pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno:

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Crollo in via Pentite, due anni di oblio

Esattamente due anni fa crollò la piccola Chiesa di San Paolo alle Pentite nella Città Vecchia di Taranto. Quel crollo in un vicoletto ai margini di Via Duomo, via Pentite, fece scalpore sulle cronache perché stava per scapparci il morto ma, passata l’indignazione iniziale, dopo qualche frase di circostanza e qualche transenna, la Chiesetta sventrata è tornata nell’oblio che ha permesso a qualche rampicante e un albero di fico selvatico mai ripulito di distruggerne l’antico soffitto.

A questo crollo ne sono seguiti altri, accompagnati da furti di beni storico-artistici e lavori annunciati e mai partiti.

Noi non ci stiamo. Non si può accettare che l’ignavia, la negligenza e l’imperizia continuino a cancellare la memoria della città di Taranto, facendo marcire le radici buone così come vengono lasciate crescere quelle nocive.

Per questo ripubblichiamo questo ottimo articolo di Alfonso Musci, pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno due giorni dopo il crollo (cliccate sull’immagine per ingrandire)

 

Altri servizi sono visibili QUI e QUI.

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Mar piccolo, il valore del paesaggio

La città di Taranto attraversa uno dei momenti più duri della sua storia millenaria, al culmine di 150 anni di scelte forti, spesso imposte, che hanno portato una storica città marinara a diventare uno dei poli siderurgici, industriali e militari più importanti d’Italia. Il fervente dibattito civico tra le tante forze attive sul territorio, oltre a denunciare l’inquinamento ambientale, sanitario e socio-politico che schiaccia la città, sta portando alla luce l’esigenza di una progettualità urbana innovativa e partecipata.

Tra le tante proposte, la riqualificazione del Mar Piccolo può costituire un importante tassello per il rilancio della città di Taranto. Mar Piccolo, oggi presente sulle cronache esclusivamente a causa della crisi della mitilicoltura generata dagli impatti industriali, è stato per secoli parte integrante della città, in continuità con la terraferma. Storicamente, in esso fu fondato il primo porto di Taranto, da esso la popolazione traeva sostentamento grazie a pesca e maricoltura, sulla sua costa e sulle rive dei suoi fiumi – in particolare del Galeso – trovava ristoro durante le estati calde.
Ai giorni nostri, invece, è relegato a parte marginale e superflua: i fondali del Primo Seno sono pesantemente inquinati dalle sostanze di origine industriale, gli edifici dei vecchi cantieri navali sono ridotti a rudere, la circummarpiccolo è ancora chiusa, molte delle zone storico-archeologiche che lo costeggiano sono in abbandono, il Galeso e la sua foce sono utilizzati come molo abusivo e l’adiacente Parco Letterario, un importante polmone verde a due passi dal Tamburi, è stato trasformato in una vera e propria discarica tra gli eucalipti. Inoltre, resta da scogliere il nodo delle cessioni al Comune del demanio di proprietà della Marina Militare che, ad oggi, resta un’inutilizzata distesa di cemento che priva parte della città del suo naturale accesso al mare. Valide eccezioni sono costituite dalla Palude La Vela, dal Parco Cimino e dalle poche strutture rivalutate da privati.

Rimettendo Mar Piccolo al centro della visione urbana cittadina si potrebbe, invece, far partire un virtuoso processo di riqualificazione partecipata. Le potenzialità del Mar Piccolo, infatti, sono enormi: con adeguati interventi di bonifica e incentivi al settore mitilicolo può tornare ad essere un bacino di eccellenza per la maricoltura. Le strutture militari potrebbero essere riqualificate in chiave turistica e le banchine in disuso trasformate in porticciolo per vela e diportismo sostenibile. Può essere centrale nello sviluppo di una rete di trasporto marittimo-ferroviaria. Può, più semplicemente, tornare ad essere quel paesaggio unico che ispirò le Georgiche di Virgilio e che Orazio decantò come quell’angolo di mondo che più d’ogni altro m’allieta.

Tutto questo potrà coesistere solo se correttamente pianificato e gestito. E’ necessario studiare attentamente su cosa investire e il tipo di interventi necessari, favorendo scelte condivise e partecipate ed evitando soluzioni di imperio che favoriscano solo alcune categorie. Per farlo, occorre promuovere consultazioni pubbliche, conferenze e tavoli tecnici che coinvolgano la comunità scientifica e tutte le energie positive che il territorio è in grado di esprimere. Energie che diventano quanto mai necessarie oggi, in pieno dibattito sul Piano Urbanistico Generale (Pug), Piano Comunale delle coste e ridefinizione delle aree dedicate alla mitilicoltura. Al contempo, si dovranno stabilire le forme di protezione (Parchi Terrestri, Aree Marine Protette, ecc) che permettano di conservare e gestire oculatamente ciò che è stato riqualificato. A questo riguardo, si può trarre insegnamento dalla Storia: Mar Piccolo è stato protetto, tra il XIV secolo e l’unità d’Italia, dal codice del libro rosso, che nulla aveva da invidiare alle odierne direttive europee sulla protezione del mare.

Soprattutto, però, occorre che una nuova consapevolezza sia acquisita dalla città e, di riflesso, da chi la gestisce: che Taranto già una volta ha voltato le spalle al mare, che questa scelta ha portato più devastazione delle invasioni saracene e barbariche, che viviamo al centro di un paesaggio unico che merita di rimanere impresso nella memoria collettiva tarantina e di chi lo attraversa molto più delle ciminiere.

E’ per questo motivo che, come Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje, abbiamo avviato e continueremo a portare avanti la campagna di ricerca e informazione SAVE MAR PICCOLO (su www.lesciaje.it). Perché Mar Piccolo è Taranto.

 

Note sull’associazione: il Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje ha iniziato le sue attività grazie al progetto risultato vincitore del bando regionale Principi Attivi 2010 e continua a svolgere attività di approfondimento culturale in rete con le realtà attive sul territorio.

In particolare, ha incentrato la sua proposta di promozione culturale su due punti cardine: la riscoperta dell’eredità marinara di Taranto e la riqualificazione dei luoghi più importanti della sua marineria civile, tra cui spiccano la Città Vecchia e il Mar Piccolo.

Inoltre, si occupa da due anni della gestione di eventi e visite guidate all’interno dell’Esposizione permanente Il Tempo del Mare, allestita in partenariato con il Centro Ittico Tarantino e il Comune di Taranto all’interno della Torre dell’Orologio in Piazza Fontana.

 

Per informazioni e contatti:

Associazione Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje

Tel 3889538912 – lesciaje@gmail.com – www.lesciaje.it

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Cozze in Mar Grande, incrociamo le dita

Nella speranza che sia un primo passo per la rinascita della mitilicoltura tarantina, propedeutico ad un reale risanamento del Mar Piccolo, pubblichiamo questo articolo di Cesare Bechis, pubblicato il 31 gennaio 2013 sul Corriere del Mezzogiorno:

(cliccate sull’immagine per leggere)

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Promemoria

Qua e là per la città!

Foto di Francesca Rana

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L’operaio creativo!

Ripubblichiamo qui questa bella intervista a Angelo Cannata, presidente de Le Sciaje, di Serena Mellone per ExtraMagazine!

Angelo Cannata/L´operaio creativo

Al centro Angelo, a destra Giulio, responsabile scientifico dell'associazione, e sinistra Silvia, che spesso viene a trovarci alla Torre!

C’è chi l’ha definito il Sindaco della città vecchia: di certo, il Presidente dell’associazione culturale Le Sciaje ama molto questo microcosmo sociale, ricco di bellezze e problemi. Tanta strada ancora da fare, eppure qualcosa si muove 

Per i vicoli del centro storico di Taranto non è difficile incontrare Angelo Cannata, a maggio 33 anni, tarantino Doc e presidente dell’associazione culturale Le Sciaje, che opera attivamente sul territorio ormai da qualche tempo. Ogni giorno Angelo con il suo zainetto in spalla e con tanta energia macina chilometri per tutta l’isola, organizzando, promovendo, amando e custodendo ogni singolo pezzo del centro storico, sfidando a testa alta e calma d’autore le difficoltà e gli ostacoli di una città che vive allo sbando e nel caos. Mai una parola fuori posto, mai un pettegolezzo, ma sempre tanta energia positiva e una buona parola per tutti, ricca di speranza e di esempi concreti che dimostrano che solo non rimanendo sulla porta a pascolare le cose possono cambiare.
Iniziamo con un tuo autoritratto per i nostri lettori.
«Sono uno come tanti della generazione dei trentenni impegnato nella promozione e nell’organizzazione di attività culturali e sociali che si svolgono a Taranto e in particolar modo nel suo borgo antico: la città vecchia. Mi definisco pertanto un operaio creativo che cerca giorno per giorno di “fare cose” utili al miglioramento della qualità della vita attraverso la propria competenza e la propria energia. Il mio impegno e la mia voglia di fare credo siano molto simile a quella di tanti miei coetanei che, decidendo di voler restare qui a costruire il proprio futuro, cercano di guadagnarsi un lavoro onesto e gratificante in una realtà cittadina, oggi più che mai afflitta dai problemi di carattere sociale ed economico».
La tua famiglia è sempre stata attiva socialmente e politicamente. Quanto questo ha influenzato il tuo percorso attuale?
«Certo, ha influito tanto aver genitori impegnati in prima persona nella “militanza” politica cittadina sia della Taranto attuale sia di quella di qualche anno fa. Un patrimonio di conoscenze ed esperienze sociali e politiche che mi ha insegnato il piacere di amare il prossimo, il rispetto e l’umiltà di dedicarsi alla “cosa pubblica” in maniera consapevole delle particolarità che contraddistinguono la nostra tanto bella ma difficile città. I percorsi sono comunque differenti per tanti motivi ma per altri sono coincidenti, del resto il rapporto tra generazioni è uno dei problemi principali dell’attuale periodo storico. Poi di cambiamenti sociali e politici ce ne sono davvero stati tanti specie dal dopoguerra sino alla caduta del muro di Berlino: da un lato il crollo di ideali e valori che hanno fondato la cultura contemporanea e dall’altro il prevalere della società dei consumi, prodotti economici nuovi come la globalizzazione e la trasformazione del rapporto pubblico – privato e il prevalere degli interessi personali a quelli collettivi».
Adriano Sofri su “La Repubblica” ti ha definito il Sindaco della Città vecchia di Taranto, cosa ne pensi?
«Sono stato definito così all’indomani di un evento tragico che ha sconvolto la nostra comunità : il tornado “Medusa” del 28 novembre che tra i danni ha visto il crollo di un palazzo storico della marina dei pescatori in via Garibaldi. Tante volte, come del resto è successo la sera prima del tragico evento, avevo segnalato l’urgenza di attuare gli interventi di rigenerazione urbana ormai già da tempo annunciati e ancora non attuati. Lungi da me l’idea di considerarmi Sindaco, piuttosto preferirei di essere chiamato un semplice cittadino attento alle problematiche della città vecchia. Oltre a Sofri anche Fulvio Colucci sulla Gazzetta del Mezzogiorno mi ha dedicato un articolo: qui però Colucci mi ha definito come il cacciatore nella segale del “Giovane Holden” di Salinger,  pensa te ! (ride, NdR)».
Giocando con questo ruolo attribuitoti, quale sarebbe  il suo programma politico? Chi vorrebbe nel suo staff?
«Non è il caso di scherzarci su, la nostra città vive un momento storico epocale, il cosiddetto punto di non ritorno. Occorre creare occasioni di un confronto pubblico costruttivo su l’idea di città futura, e su come politicamente la comunità riesca a farsi carico degli errori del passato per non commetterli più. L’auspicio più grande per la nostra città è quello di conquistare sul campo una possibilità in più per concretizzare il cambiamento desiderato da tutti».
Qual è  il suo rapporto con gli abitanti dell’isola?
«L’isola vecchia la considero la parte più bella e preziosa della nostra città. Di fatto, oltre al patrimonio storico artistico degli edifici, credo che meriti rispetto e non certo emarginazione anche il patrimonio immateriale, fatto delle tradizioni e della cultura di chi ha abitato e continua ad abitare».
Cosa ne pensa delle nuove attività culturali e commerciali nel centro storico?
«Sono davvero un toccasana per la vita sociale dell’isola. E’ davvero un piacere che la città vecchia stia migliorando giorno per giorno la quantità e la qualità delle strutture ricettive e dei presidi culturali. C’è tanto da fare, tanti sono gli esempi positivi ma occorre ancora tanto impegno per incoraggiare e migliorare le forme di imprenditoria e sviluppo del territorio che creano ricchezza e opportunità di lavoro. La città vecchia non è solo un museo da ammirare, ma è una città da rivitalizzare con attività enogastronomiche e artigianali tipiche del nostro territorio».
Crede che ci possa creare una rete di sviluppo e cooperazioni tra associazioni e imprenditori per il vero e leale risanamento del borgo antico?
«La rete di sviluppo è ormai un processo di organizzazione sociale che si sta affermando in diverse parti del mondo, e su questo terreno Taranto non può permettersi di sbagliare ancora. Le collaborazioni oltre a fiutare l’affare economico, devono guardare alla città vecchia come un’opportunità di rilancio di tutta la nostra provincia e prendersi cura delle proprie risorse. Sicuramente tante potranno essere le occasioni che possano accelerare questi processi innovativi come ad esempio la promozione di mobilità sostenibile su due ruote, raccolta differenziata porta a porta, coinvolgendo abitanti dell’isola e premiando chi ne permette una maggiore raccolta. Inoltre davvero sembra che l’aria in città sia cambiata: ormai tantissime sono le iniziative lodevoli, basta citare i gruppi Ammazza che piazza, Howlers bike group, Login e altre associazioni che fanno tantissimo per vivacizzare la nostra città».
C’è qualcosa che vorrebbe dire al Sindaco di Taranto Stefano?
«Sì, di supportare e creare ancora di più occasioni di partecipazione e coinvolgimento delle parti più giovani ma anche di quelle più impegnate della città. L’occhio di riguardo deve essere speso necessariamente per la città vecchia, dove può essere incentivato un laboratorio di innovazione sociale a cielo aperto, fatto di partecipazione sia di gente del posto che ospiti e interessati di ogni parte del mondo. Molti sono palazzi storici di proprietà comunale che rimangono chiusi, anche i più suggestivi come il De Bellis, il Delli Ponti e il Palazzo Amati, che a differenza dei palazzi D’Ayala Valva e Carducci Artenisio non necessitano di grossi interventi per essere riaperti e che potrebbero essere sede di una mediateca, per esempio».
Facendo promozione culturale con l’associazione le Sciaje, come vive l’assenza di assessore alla cultura?
«Attraverso le attività dell’associazione abbiamo avuto modo di approfondire alcuni aspetti della storia culturale della nostra città. Il settore cultura è stato sempre il settore tra i più sacrificati dalle amministrazioni in genere. Certo che l’assenza di un riferimento politico sullo scranno di palazzo Galeota davvero è una carenza che occorre quanto prima colmare. Pensiamo al valore sociale ed economico che la cultura può offrire alla nostra comunità: per esempio le attività culturali che potrebbero svilupparsi con le “città gemellate”, oppure i convegni nazionali e internazionali magari proprio attraverso il patrimonio etnografico della collezione Maiorano, oppure le tante opportunità che possono svilupparsi proprio attraverso la valorizzazione della risorsa mare a Taranto: dalla primavera sino ad autunno inoltrato le condizioni meteorologiche sono tanto clementi da poter permettere la tanto augurata destagionalizzazione dei flussi turistici. Quindi mettiamoci al lavoro già da ora per un offerta culturale sostanziosa per i mesi di marzo aprile e maggio».
Quale nome suggerirebbe al Sindaco che Le chiedesse la tua opinione? 
«Non ho alcuna voglia di fare nomination, né tanto meno credo che si possa fare preferenza su un nome piuttosto che un’ altro. Occorre comprendere che ciò che conta è l’attivazione di un programma di attività utili a un protagonismo collettivo, un senso comune da condividere e sperimentare sul campo».
Cosa bolle in pentola  con le prossime iniziative?
«Sono davvero tante: il rilancio delle attività dell’associazione le Sciaje, che mi onoro di presiedere, presso la torre dell’orologio in piazza Fontana, ma anche le coraggiose e appassionanti iniziative che possono nascere dagli universitari che ormai popolano il centro storico quotidianamente e tutti i “bollenti spiriti regionali” che come sempre cercano di mettersi in rete per canalizzare fondi ed energie positive per concretizzare tanti “laboratori dal basso” e “start up” imprenditoriali. Occorre sostenere l’idea della creazione di un ufficio informa giovani o un servizio decentrato di centro per l’impiego per aumentare le occasioni di occupazione e occupabilità dei tanti giovani che lavorano gratis o che in maniera precaria».
Citando l’inflazionato Marzulli: fatti una domanda e datti una risposta.
«La mia domanda: qual’è il contributo che vuoi dare per essere parte della soluzione e non del problema ? Risposta: occorrerà che ognuno faccia la sua parte e che si inizi a pensare che a una sana competizione è utile accompagnare uno spirito collaborativo e consapevole di cosa è realisticamente la politica: ovvero il mezzo per il raggiungimento della felicità di ognuno».
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“Taranto in pellicola” – Il racconto della serata

Pubblichiamo qui l’articolo e le foto di Francesca Rana sulla proiezione alla Torre dell’Orologio del 4 gennaio scorso.
Ringraziando l’autrice, vogliamo ringraziare anche tutti gli spettatori che ci hanno “obbligato” a proiettare Taranto in pellicola quattro volte consecutive e aiutato a riportare Piazza Fontana al centro della vita sociale e culturale tarantina!

E la Torre dell’Orologio di Taranto riesce pure a proiettare il documentario “Taranto in pellicola”! Volere e potere!

Onesto, come si suol dire, poteva sembrare tranquillamente un servizio de “La Valigia dei Sogni”, un programma con Simone Annicchiarico, su La7, in giro tra i set e le location del cinema italiano. Il progetto, “Taranto in pellicola” probabilmente si ispira a quel filone di programmi d’autore, visione obbligata di chi vuole cimentarsi nel racconto dei film attraverso i luoghi. Ed il primo risultato ha un suo fascino. Dopo alcune anticipazioni nei mesi scorsi, la vera e propria anteprima del documentario di circa 30 minuti è stata presentata e proiettata il 4 gennaio 2013, in un bene culturale non proprio nato con la vocazione della sala cinematrografica, “La Torre dell’Orologio”, in Piazza Fontana, in città vecchia a Taranto.

In un modo o nell’altro, i ragazzi de “Le Sciaje”, ai quali è affidata l’esposizione permanente sulla cultura del mare, e di “Cinerapsodi”, promotori del documentario, si sono organizzati, proponendo più turni di proiezione al primo piano. Tra gli spettatori c’era chi addirittura non sapeva del livello e della verietà di film e fiction d’autore girati a Taranto, con Taranto protagonista o Taranto usata come sceneggiatura naturale dotata di una luce affascinante e contrasti tra zone urbane, due mari, vegetazione, ed, ohime, industrie, in grado di catturare l’attenzione dei registi. Il documentario si svolge con una specie di Cicerone in bicicletta, alla ricerca dei luoghi dei film. Nel montaggio, ci sono interventi di critici, attori, registi.

Così avevano rilanciato, gli organizzatori, l’evento, su Facebook: “Realizzato dall’Associazione Culturale Cinerapsodi, offre un’immagine complessa della città, fonte di ispirazione per molti registi, da Roberto Rossellini con “La Nave Bianca” (1946) a Pierpaolo Pasolini con “Il Vangelo secondo Matteo” (1964), da Lina Wertmüller con “Io speriamo che me la cavo” (1992) a Edoardo Winspeare con “Il Miracolo” (2003). Occhi attenti che permettono di riscoprire un territorio saturo di contrasti, il rapporto con il mare e quello con l’industria, l’antico e il moderno, i paesaggi naturali e luci e ombre dell’umanità che lo abita. Un percorso urbano cinematografico, della durata di 29 minuti, arricchito dagli interventi del critico cinematografico Massimo Causo, del regista Edoardo Winspeare, degli attori tarantini Michele Riondino, Anna Ferruzzo e Giulio Beranek e dalle musiche di Josh Woodward”.

Sono intervenute diverse persone e così non è rimasto altro che aumentare le proiezioni ad oltranza. Con somma felicità di Giovanna Lamura, Luigi Ferrucci, Giulio Farella e l’onnipresente Angelo Cannata quando c’è di mezzo la “Torre dell’Orologio”.

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TARANTO IN PELLICOLA alla Torre dell’Orologio

 

L’Associazione Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje inaugura le attività culturali del 2013 all’interno della Torre dell’Orologio con una proiezione d’eccezione. Nelle stanze che già ospitano l’Esposizione permanente Il Tempo del Mare, sarà proiettato in anteprima TARANTO IN PELLICOLA, documentario che racconta Taranto e la sua provincia attraverso la cinepresa dei più importanti film realizzati nel territorio.

 

Realizzato dall’Associazione Culturale Cinerapsodi, offre un’immagine complessa della città, fonte di ispirazione per molti registi, da Roberto Rossellini con “La Nave Bianca” (1946) a Pierpaolo Pasolini con “Il Vangelo secondo Matteo” (1964), da Lina Wertmüller con “Io speriamo che me la cavo” (1992) a Edoardo Winspeare con “Il Miracolo” (2003). Occhi attenti che permettono di riscoprire un territorio saturo di contrasti, il rapporto con il mare e quello con l’industria, l’antico e il moderno, i paesaggi naturali e luci e ombre dell’umanità che lo abita.

Un percorso urbano/cinematografico della durata di 29 minuti, arricchito dagli interventi del critico cinematografico Massimo Causo, del regista Edoardo Winspeare, degli attori tarantini Michele Riondino, Anna Ferruzzo e Giulio Beranek e dalle musiche di Josh Woodward.

Appuntamento a venerdì 4 gennaio 2013 alle ore 19 presso la Torre dell’Orologio in Piazza Fontana, Città Vecchia di Taranto.

E’ prevista la possibilità di effettuare più cicli di proiezione in base all’affluenza di visitatori.

 

Per informazioni e prenotazioni:

Associazione Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje

Tel 3889538912 – lesciaje@gmail.com – www.lesciaje.it

 

Associazione Cinerapsodi

info@cinerapsodi.it – www.cinerapsodi.it

 

Note

Le associazioni Cinerapsodi e CSDR Le Sciaje hanno iniziato le loro attività grazie a progetti risultati vincitori del bando regionale Principi Attivi 2010 e continueranno a svolgere le loro attività di approfondimento culturale in rete con le realtà attive sul territorio.

L’associazione CSDR Le Sciaje si occupa da due anni della gestione di eventi e visite guidate all’interno dell’esposizione permanente Il Tempo del Mare, allestita in partenariato con il Centro Ittico Tarantino e il Comune di Taranto all’interno della Torre dell’Orologio.

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