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editoriale de la Gazzetta del Mezzogiorno edizione di Taranto del 11 giugno 2018

ANGELO CANNATA : ORA VALORIZZIAMO LA CITTA’ ORIZZONTALE

La primavera a Taranto ha aperto di fatto la stagione turistica che si
avvia, con l’estate, a entrare nel vivo. Con il ritorno del bel sole, si riprende a vivere open air la città.
La bella stagione consente di
riscoprire spazi e luoghi del cuore, e quindi anche quell’identità storica e culturale che Roberto Nistri definisce “residuale” di fronte al proporsi di segni e cenni di un’identità nuova, affascinata però da una quasi nervosa ricerca di occasioni di marketing del territorio che spesso trascura, per non dire ignora, una riflessione su come avanza e si produce il “nuovo”.

Il dibattito sull’identità cittadina fino ad oggi si é particolarmente incentrato sull’annosa questione Ilva. Questione fondamentale per Taranto, ma che rischia di riproporre i soliti schemi di ragionamento, schiacciati su una certa visione “monoculturale” della città che, mi sembra, abbiano impedito fino ad ora di produrre soluzioni e di curare i mali generati da una sorta di “sviluppo alla CECA”, tra miopie e
pigrizie locali da un lato e l’interesse strategico del Paese.

Persiste una sorta di coazione a ripetere, che spesso impedisce di liberarsi di una visione di sviluppo della città esclusivamente agganciata agli interessi di Stato.

Eppure in questi anni, in questa città ne sono accaduti di fatti “nuovi”. Eventi che hanno generato un “violento scosso”, che, si potrebbe dire, ha fatto saltare gli schemi della vita politica, economica e sociale, affermatisi negli ultimi decenni.

Credo, e penso non di essere il solo, che lo spartiacque possa essere fissato nell’anno 2012. Quello è stato un anno davvero intenso, che ha risvegliato, innalzandoli, i livelli di conflitto nella città e allo
stesso tempo ha liberato tante energie, producendo numerose esperienze e attività. In quella fase tanti pezzi della società civile si autorganizzarono, facendo nascere un movimento e movimenti, che seppure con una natura eterogenea, aprivano spazi di partecipazione e di coinvolgimento diffusi. In qualche modo si faceva avanti un’idea di cura della città che passava anche attraverso modalità aperte, magari
non “ortodosse”, di confronto democratico, attraverso ad esempio numerose assemblee nei quartieri. Da quei movimenti sembravano emergere le tracce di una sorta di un nuovo manifesto inconsapevole di
sviluppo del capoluogo jonico.

Uno storytelling inedito ben raccontato in “Buongiorno Taranto”, documentario di Paolo Pisanelli, in cui confluiva una cronaca ragionata su quanto accadeva, e che si riconnetteva al lavoro di Cecilia Mangini che tempo addietro assieme a un gruppo di documentaristi pioneristicamente individuava un certo bisogno di cura e attenzione di cui gli stessi operai della più grande fabbrica del Mezzogiorno, forse inconsciamente, erano rappresentazione di un comune sentire per una società più giusta e migliore.

E’ trascorso un po’ di tempo da quel 2012. Credo che, però, le riflessioni, gli spunti, le idee che in quella fase facevano capolino non hanno trovato forza a sufficienza e sponde necessarie per indicare in
modo più chiaro la direzione verso cui andare.

Per questo, è l’ora di interrogarsi seriamente su come fondare una nuova visione di città. Ma questa volta, se vorremo fare passi avanti, dovremo deciderci a prendere davvero in considerazione quanto si è
mosso nella vita sociale, culturale e politica degli ultimi tempi.
Perchè non penso che abbia lungo respiro una prospettiva in cui la nuova Taranto “contemporanea” si riduce ad una recensione su Tripadvisor.

A partire dalla ricerca di un lavoro di squadra, diffuso, che valorizzi la città orizzontale: ovvero quella che si impegna ogni giorno per la cultura, per un turismo di qualità, per la legalità ma anche per la giustizia sociale, per la partecipazione del più ampio numero di cittadini possibile contro solitudini e isolamento, simbolo di un reale e conseguenziale spirito di pacificazione sociale tanto predicato per l’affermazione di una Taranto Città aperta e normale.

Taranto, che è tante cose, dal quartiere Tamburi e la zona del San Brunone alla città Nuova che si estende fino alla circumarpiccolo, è una delle aree Sito di Interesse Nazionale e Comunitario più grande di Italia e a tal proposito importanti sono i riferimenti che su questa testata in un’intervista dello scorso 4 giugno il sindaco Rinaldo Melucci indica quando parla di un Manifesto culturale incentrato su
Europa, Ecologia ed Economia.

Parole condivisibili ma che occorre specificare e socializzare. Perchè
decisiva sarà la declinazione di un sentire comune che in molti
vogliono: quel tanto sperato sviluppo di comunità assieme a un
importante gioco di squadra.

Economia si, ma che sia innanzitutto economia della Cultura e della
produzione di creatività e alternative. La città ormai è lacerata e
frammentata proprio dalle ferite procurate anche da una politica che
ha agito sui sintomi e non sulla cura dei problemi, non favorendo la
nascita di nuove opportunità di posti di lavoro e non valorizzando le
esperienza di condivisione e vita quotidiana del patrimonio materiale
e immateriale che è il paesaggio di Taranto nel suo complesso, Taranto
vecchia e mar piccolo inclusi.

La prospettiva ecologica dovrà essere anche una visione di “ecologia
delle relazioni”.
L’Europa, come riscoperta del legame della città con un grande
progetto di pace, sicurezza, apertura per il benessere e l’uguaglianza
e che rifiuta i muri e sa fare autocritica vista la triste e avvilente
degradazione delle relazioni sociali , politiche e sindacali nei
nostri quartieri e in città, come anche le rivelate dispute a livello
provinciale e regionale che di certo non sono organiche e funzionali a
una idea di sviluppo complessivo della città.

Credo che aprire una nuova stagione politica capace di valorizzare
idee e proposte per una nuova visione innovativa e di reale riscoperta
della città oggi non sia soltanto necessario, ma anche possibile.

Non lasciamoci sfuggire l’occasione. Una nuova stagione è alle porte.